Ebbene sì, per una paziente con un tumore all’ovaio e precise condizioni cliniche (carcinoma ovarico recidivante in stadio avanzato, legato a mutazione Brca) un mese di sopravvivenza può costare 57oo euro. E’ questo il costo mensile per la fornitura del farmaco parp inibitore Olaparib, dell’azienda Astrazeneca, immesso sul mercato solo un anno fa. E’ un farmaco che è stato accolto con cauto entusiasmo dalla comunità scientifica, è molto mirato, non garantisce la cura definitiva ma può allungare la vita.
Ma costa. E allora che si fa? Il sistema sanitario inglese avrebbe deciso di negare il rimborso perché è troppo caro e non è sostenibile.
E allora che si fa?
Si arriverà alla tragica soluzione per cui solo le ricche pazienti potranno pagarsi la possibilità (non la certezza) di un po’ di sopravvivenza? E per quanti mesi?
E mentre l’Olaparib oggi è al centro di un’altra sperimentazione clinica a livello internazionale sulle pazienti con tumore al seno (recidivante, triplo negativo e Brca), questo terribile quesito si riproporrà in futuro sempre più spesso e per molti tipi di carcinomi perché i farmaci stanno diventando sempre più specifici, mirati, ad personam e … Costeranno molto di più.
«E allora che si fa?»
Il dibattito è aperto, è etico ed è terribile perché mentre si pensa a una soluzione giusta per i pazienti ma anche per le amministrazioni pubbliche che si trovano ad affrontare esborsi non sostenibili, c’è chi se lo vive sulla pelle.
Intanto continuo a chiedermi:
“Quanto costa un mio mese di vita? E quanto potrei andare avanti?”
Venderei la mia casa per qualche anno in più di vita o lascerei quei soldi per lo studio dei miei figli?
Domande che sembrano assurde, ma oggi stanno diventando una crudissima realtà.